SALVAGUARDIA DELLA FEDE CATTOLICA

La fede è il bene più prezioso di quaggiù, senza il quale non possiamo essere salvati.

Ricordiamo ciò che abbiamo imparato nel nostro catechismo tradizionale: la fede cattolica è un’adesione dell’intelligenza alle verità rivelate da Dio e insegnate dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo alla quale Egli ha dato autorità e infallibilità. È la Chiesa ad assicurarci che le verità in cui crediamo sono effettivamente le verità rivelate. La fede richiede l’adesione a tutte le verità che essa ci insegna. Dubitare, sminuire o anche negare volontariamente una sola di queste verità distrugge la virtù della fede, perché significa negare la capacità della Chiesa di insegnare la fede degli Apostoli. Rimuovi una delle colonne da una cattedrale e l’intero edificio crollerà.

Questo è a maggior ragione il caso delle false religioni, nella quali restano solo pochi brandelli di verità. Purtroppo il Concilio Vaticano II lascia intendere, con la sua ambiguità, che queste “verità” sarebbero in se stesse interessate da un dinamismo che porterebbe alla verità plenaria e alla salvezza. Padre Garrigou-Lagrange insegnava invece che «le verità contenute nelle false religioni non sono come l’anima della dottrina ma come le servitrici dell’errore». In altre parole, per ingannare qualcuno basta mescolare verità ed errore. E Pio XII insegnò chiaramente che, se è vero che, eccezionalmente, la salvezza può realizzarsi al di fuori dei limiti visibili della Chiesa, ciò non può avvenire che in modo strettamente individuale per una speciale grazia di Dio, e sempre attraverso la vera Chiesa e non attraverso la mediazione di false religioni. Queste infatti, con i loro errori, allontanano gli uomini anziché avvicinarli alla via della giustificazione.

«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa»: in queste parole è racchiuso il principio gerarchico.

Oggi più che mai, un movimento di protesta in seno alla Chiesa sminuisce la fede tendendo insidiosamente a minare il fondamento stesso della sua costituzione: il principio gerarchico, la cui conseguenza è la disuguaglianza dei suoi membri tra i quali si distinguono: 

  • La Chiesa docente, cioè il Papa, i vescovi soggetti alla sua giurisdizione, e i sacerdoti per delega del loro vescovo.
  • La Chiesa discente, cioè i fedeli che “non partecipano all’autorità ecclesiastica; sono istruiti, governati e santificati dai loro pastori. Tuttavia essi però possono, soprattutto nel nostro tempo, assisterli con forza, aiutandoli a distribuire l’istruzione cristiana ai fanciulli, sostenendoli con le loro risorse e difendendoli dagli attacchi e dalla violenza dell’empietà”. (Dottrina cattolica, canonico Boulenger). E se i fedeli ricevono la luce dallo Spirito Santo, non possono approfittarne per insegnare in senso proprio. Non è ad essi, infatti, che è stata affidata la funzione di insegnare, ma solo agli Apostoli e ai loro successori, ai quali Gesù disse: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito».

Ciò, tuttavia, non sminuisce il valore del sensus fidei che, attraverso la luce dello Spirito Santo, fa riconoscere ai fedeli la verità, fa discernere gli errori dottrinali o morali che mettono in pericolo la loro fede, e dà loro la forza di difendere con forza la Tradizione dottrinale e liturgica della Chiesa.

Questa affermazione della sua costituzione gerarchica è già stata edulcorata dall’introduzione di una falsa concezione del collegio episcopale da parte del Concilio Vaticano II: la “collegialità”, dove il collegio episcopale in comunione con il Papa diventa un secondo potere supremo nella Chiesa, quando invero solo il Papa esercita l’“autorità suprema”, anche aderendo eventualmente al collegio. Il Concilio Vaticano II, attraverso la sua innovazione, ha così elevato il collegio dei vescovi ad una sorta di parlamento democratico, e la conseguenza immediata è stata il potere di fatto, esorbitante e contrario all’ordine gerarchico, dato alle Conferenze episcopali. “Le conferenze episcopali non obbediscono ma tiranneggiano i vescovi, che non osano protestare contro le decisioni collettive, così che la loro autorità è come confiscata (cfr. Mons. Lefebvre, Lettera aperta ai cattolici perplessi, cap. 13)”. (vedi articolo di padre Nicolas Cadiet, FSSPX).

Il sinodo sulla sinodalità aggrava ulteriormente lo sconvolgimento della costituzione gerarchica della Chiesa. I preamboli di questo Sinodo mostrano che i laici, uomini e donne, si ritrovano di fatto ad avere un potere gerarchico per il tramite della loro partecipazione con diritto di voto ad un’assemblea della Chiesa docente, il che è contrario alla Tradizione della Chiesa. Inoltre, sembra che molti di essi avanzino rivendicazioni contrarie alla fede e alla morale: benedizione delle coppie dello stesso sesso, diritto alla comunione per i divorziati e risposati, diaconato o addirittura sacerdozio per le donne, messa in discussione dei dogmi, ecc. Quanto all’esercizio del potere, il pericolo esiste già, mutatis mutandis, nella maggior parte delle diocesi, attraverso un apparato di gestione e responsabilità pastorale affidato a laici, uomini e donne, che hanno così di fatto il potere su tutto il clero delle medesime, sconvolgendo l’organizzazione gerarchica. Per non dire della nuova organizzazione dei dicasteri romani, con laici e suore nominati ad alte cariche dirigenziali. Analogamente, l’introduzione delle ragazze al servizio dell’altare non è insignificante. Ignora l’ordine gerarchico espresso nella liturgia. L’accolitato è un Ordine minore, il terzo grado verso il sacerdozio, e non può essere assolto che per sostituzione da parte di ragazzi detti anche chierichetti.

È quindi grande il pericolo di vedere nuove riforme che tentano di distruggere ciò che resta della Tradizione. Mons. Marcel Lefebvre aveva già denunciato, nella sua dichiarazione del 21 novembre 1974, come “Tutte queste riforme, infatti, hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla demolizione della Chiesa, alla rovina del Sacerdozio, all’annientamento del Sacrificio e dei Sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, a un insegnamento naturalista e teilhardiano nelle Università, nei Seminari, nella catechesi, insegnamento derivante dal liberalismo e dal protestantesimo più volte condannato dal solenne magistero della Chiesa”.

Nessuna autorità, neppure la più alta della gerarchia, può costringerci ad abbandonare o sminuire la nostra fede cattolica chiaramente espressa e professata dal magistero della Chiesa da diciannove secoli.

“Se dovesse accadere – dice San Paolo – che NOI STESSI o un Angelo dal cielo vi insegnasse qualcosa di diverso da quello che vi ho insegnato io, sia anatema” Gal. 1, 8. (Mons. Lefebvre, 21 novembre 1974).

In questo mese dedicato al Santo Rosario, rivolgiamoci al Cuore Immacolato di Maria per ottenere da Lei, che è “forte come un esercito schierato in battaglia”, di proteggere la Chiesa dai suoi nemici sia interni sia esterni, e che la Sposa di Cristo torni a risplendere innanzi al mondo, affinché diventi nuovamente luce delle nazioni e arca di salvezza per tutti gli uomini.

Aggiungiamo questa suggestiva testimonianza del cardinale Ratzinger, che appare opportuna nel momento dell’invocazione della Santissima Vergine: «Quando ero giovane teologo – scrive – prima e anche durante le sessioni del Concilio, avevo… difficoltà a comprendere il vero significato di una… famosa espressione…, cioè l’espressione che vuole Maria “vittoriosa su tutte le eresie”. Solo oggi – in questo periodo di confusione in cui ogni tipo di deviazione ereticale sembra bussare alla porta della fede autentica – capisco che non si trattava di un’esagerazione dei devoti, ma di verità più che mai valide” (Entretiens sur la Foi, Fayard 1985). Eppure, purtroppo, il cardinale, anche quando divenne Papa, aderì alle proposte del Concilio Vaticano II in contraddizione con il magistero precedente.

Che la preghiera onnipotente di Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga da Gesù la vittoria sull’eresia antigerarchica!

Il cardinale Michael Czerny, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, è stato intervistato sul portale svizzero Cath.ch: “La riforma (della Chiesa), ha detto, non si è fermata, è in corso. Ci saranno nuovi risultati. Ma quando siamo all’inizio di un processo, come il Sinodo sulla sinodalità, non possiamo dire cosa ne verrà fuori alla fine”. Forse l’analisi di questa assemblea può lasciare qualche dubbio: quanti membri hanno un fermo attaccamento alla dottrina tradizionale della Chiesa?